Confesercenti ospite di Pratofutura. La riflessione del Presidente Provinciale di Confesercenti Prato, Mauro Lassi, ospite nella sede dell’associazione Pratofutura.
Parliamo della situazione economica di Prato in questo particolare momento. Qual’è la vostra opinione?
E’ una situazione indubbiamente difficile e il sostegno che il governo ha destinato alle imprese è insufficiente a coprire le perdite di fatturato. E’ scoraggiante soprattutto perché non si riesce a comprendere il programma e la ratio nelle scelte operate dal governo per il sostegno all’economia. In Italia, tra poco, avremo un aumento del debito con l’Europa e non sappiamo cosa ci aspetterà. La situazione è molto incerta e anche le vicende che riguardano le società farmaceutiche coinvolte con il vaccino possono avere conseguenze economiche evidenti. Certo è che nessuna delle società europee ha avuto il via libera, abbiamo solo il vaccino Pfizer-BioNTech con un costo molto elevato per dose, la vaccinazione che slitta…ci aspetta almeno un altro anno di grandi sofferenze.
Come Immaginate l’economia pratesi e Prato fra 5 anni? Secondo voi quali sono i cambiamenti possibili? Qual è la vostra visione? Quali le proposte per realizzarla?
Siamo seduti su una bomba ad orologeria. Appena avremo il via libera, Prato inizierà di nuovo a volare. Qui abbiamo managerialità, capacità, competenze. Siamo leader nel settore moda. Sicuramente riprenderemo con forza a crescere. Il tessile abbigliamento come settore trainante, ma poi con ampie ricadute su tutto il territorio.
Abbiamo anche una carta in più che altrove: una classe dirigente cinese che non ha voglia di tornare in Cina ma che consuma sul territorio pratese. Fino a poco tempo fa si parlava di fuga di capitali, oggi almeno i consumi sono qua ma si tratta di una comunità che sta cercando di radicarsi perché compra case, immobili. Con loro occorre trovare un piano di dialogo per agganciare tutti insieme la ripresa. In questo momento siamo a conoscenza di almeno tre importanti portali di vendita on line realizzati da imprenditori cinesi, portali che stanno riscuotendo molto successo. Sono senza dubbio gli imprenditori cinesi di Prato sono molto capaci di vedere il cambiamento, per cui se inizia di nuovo a tirare il vento della ripresa la sapranno cavalcare con slancio. Va dunque cercato un maggiore dialogo.
Archiviata la grande paura del Covid , da qui a 5 anni dobbiamo essere capaci di indirizzare le politiche del territorio a favore delle imprese. Siamo in una situazione molto simile a quella del dopoguerra, fatta di lutti, di un sistema interrotto, di difficoltà evidenti, di attenzione alla sopravvivenza più che ai risvolti economici ma come dopo la seconda guerra mondiale Prato ha saputo far germogliare una grande industria, così anche adesso dobbiamo convincerci che questo sia un momento fertile per cambiare le cose. Per questo dico che potrebbe essere l’occasione per dialogare con gli imprenditori cinesi. Non lo abbiamo ancora fatto, e loro si sono dimostrati capaci di buoni affari anche nelle difficoltà.
Sono consapevole delle difficoltà che stanno dietro a questo concetto, anche perché CONFESERCENTI è stata presente sin dall’inizio del tavolo sui controlli e della task force voluta dalla Prefettura che si proponeva di imporre gli impianti a norma e l’adeguamento alle leggi vigenti sul mercato del lavoro in conseguenza al grave disastro di Teresa Mode.
Devo però dire che l’adeguamento normativo delle aziende irregolari dovrebbe andare di pari passo con lo snellimento burocratico per tutte le imprese perché se da un lato è giusto richiedere etica nel lavoro e nei rapporti di affari, bisogna però considerare che in Italia la burocrazia sta soffocando le imprese (credo siano necessarie circa 70 autorizzazioni per aprire una attività di ristorazione) ma soprattutto sta deprimendo tanti giovani volenterosi che non riescono a fare impresa velocemente e sono soffocati da una tassazione iniqua sin dai primi anni di attività.
Il distretto industriale è adeguato per affrontare il cambiamento?
Si può fare meglio. In generale non siamo messi male come infrastrutturazione , se pensiamo che la zona è servita bene dalle reti e rientra nella sperimentazione del 5 G. Un’area che ha vantaggi rispetto ad altre. Ma ci sono altri fronti su cui siamo molto carenti, come per esempio le strade di collegamento e la viabilità interna. Il Soccorso, per esempio.
Se siamo bene organizzati poi non saprei dire. Il fatto è che bisogna fare di più per rendere possibile il nascere di nuove imprese, ma soprattutto per fare in modo che queste imprese crescano e possano progredire.
Molti dicono che le dimensioni delle imprese sono troppo piccole per far fronte alle nuove sfide competitive. Secondo la vostra opinione c’è bisogno di trovare forme di crescita mediante aggregazione? Eventualmente in che modo? (reti di imprese, aggregazioni, consorzi…)
Questa filosofia che si sta diffondendo che “grande è bello” non la condividiamo appieno perché grande spesso “grande è ingovernabile”. Prendiamo le banche, per esempio. Ci lamentavamo per le inefficienze di Cariprato e poi è arrivato il Monte dei Paschi di Siena e si ampliata la distanza con il territorio e poi il turno di Vicenza e anco di più con San Paolo che ha adottato le logiche del grande gruppo bancario.
Tra le grandi imprese prevale la logica di competizione, il pesce grosso mangia sempre il pesce piccolo.
Se un gruppo con 20 mila addetti decidesse di investire a Prato sarebbe un bel traguardo. Ma spesso i grandi gruppi guardano i vantaggi comparati e improvvisamente potrebbero decidere di spostarsi altrove per qualche motivo legato alla ricerca di efficienza. Il risultato sarebbe che 20 mila persone perderebbero di un colpo il proprio lavoro. Invece un sistema come il nostro, strutturato per piccole imprese, è vero che non è d’impatto, ma permette la stabilità economica ad un numero enorme di famiglie, che magari non accumulano ricchezza ma attraverso la piccola azienda o la bottega possono lavorare con dignità e mantenere alto il proprio tenore di vita. Ecco perché ripetiamo spesso che quando chiude una bottega è un impoverimento per tutto il territorio, senza pensare alle conseguenze che porta in termini di degrado (una insegna accesa in più in una strada periferica allontana droga e malviventi, malavita organizzata e balordi).
Ripeto che il problema tutto italiano non sono le aziende e le loro dimensioni bensì le regole e le richieste burocratiche che ammazzano le aziende. Se non ci fosse tutta questa burocrazia le aziende avrebbero solo i vantaggi della flessibilità nell’essere di dimensioni più contenute.
Al contrario, le aziende non riescono ad evadere tutti gli adempimenti burocratici richiesti perché ci vogliono persone dedicate solo a quello.
Ecco noi crediamo che ci sia bisogno di rendere fertile il terreno su cui poggiano le imprese, per fare in modo che esse crescano secondo un proprio ciclo di vita. Alle istituzioni spetta il ruolo di creare il terreno di sostegno e indirettamente aiutare le imprese a rafforzarsi.
Rafforzarsi può voler dire anche accorparsi, crescere di dimensioni per fare cose mai realizzate prima. Ma ricordiamoci che anche le grandi imprese nascono piccole. Più che pensare alle dimensioni, le istituzioni devono rigenerare il tessuto, far in modo che le startup si affermino e come in un ciclo vitale, gli alberi nuovi rigenerino la foresta a fianco degli alberi più grossi.
Le abitudini e le scelte di consumo cambieranno? Lungo la filiera della moda cambieranno i rapporti tra le aziende? In generale, le fiere di settore saranno ancora il luogo dove si svolgeranno la maggior parte degli affari?
Cambieranno e non torneranno ad essere quelle pre-covid ma dovranno tener conto della digitalizzazione crescente.
Nel commercio all’ingrosso ci sarà una netta affermazione dell’e-commerce.
Nel commercio al dettaglio prevarrà un sistema misto perché molto spesso gli acquisti si fanno dal vivo, provandosi gli abiti o le scarpe, guardando da vicino forme e composizione. Ci sono già dei tentativi di immaginare i negozi come il luogo dove si provano le cose che poi vengono recapitate il giorno successivo presso la propria abitazione nella taglia e nel colore richiesto. Se chiedete quale sarà il negozio del futuro, penso a questo, ad una via di mezzo fra naturale e digitale. Ci auguriamo che in questa trasformazione non crescano solo le grandi catene distributive, confidiamo molto sulla permanenza dei negozi di vicinato.
Le opportunità formative a livello locale e nazionale sono adeguate?
Abbiamo un serio problema di scollegamento o di collegamento non appropriato fra mondo del lavoro e mondo della scuola. Il punto di partenza dovrebbe essere proprio il mondo del lavoro. Non sappiamo bene evidenziare che figure professionali mancano e di conseguenza i percorsi formativi non sono calati sulle necessità.
Anni fa in provincia c’era stato un tentativo di mettere insieme la Fil e il mondo universitario.
Il discorso è molto articolato ma intanto per partire nel modo giusto, bisognerebbe partire dall’analisi delle figure che mancano nel mondo del lavoro.
Tra velocità di consegna e picchi di lavoro, la organizzazione del mercato del lavoro è adeguata alle sfide competitive o si è perso di flessibilità?
Purtroppo abbiamo perso di flessibilità perché la burocrazia ci asfissia.
Si percepisce un rischio di dispersione di professionalità. Ci sono problemi di successione ai vertici delle aziende e, in generale, poca attrattiva per i giovani sia per manodopera che quadri nel settore manifatturiero?
Il rischio c’è e si comprende bene anche perché se si confronta gli stipendi dei ricercatori in Italia e negli Stati Uniti si nota una sproporzione. Ora il mondo è ormai molto diverso rispetto al passato, le lingue straniere non sono più un problema per i nostri giovani, la stessa mobilità non è un problema perché ci si sposta con facilità, si vive ovunque, ci si radica dove vogliamo. In una situazione così fluida, il rischio di fuga ci sarà fino a che non saremo appetibili in termini economici per le giovani generazioni. Per il momento, se non cambia qualcosa, non abbiamo grandi chances.
Tra i seguenti, quali sono i temi chiave che ogni impresa pratese deve affrontare? (segnalare i primi tre in ordine di importanza)
Sapere interpretare il cambiamento radicale post covid
DIGITALIZZAZIONE e commercio elettronico
Che ruolo hanno le associazioni di categoria in questo particolare momento?
Se sapremo individuare il cambiamento, per le associazioni di categoria ci sarà un grande ruolo. Non solo con azione di lobby per i propri associati, ma per farsi carico in forma aggregata dei problemi e delle attese condivise dai singoli membri. Questo rappresenta per i piccoli un altro modo di essere grandi e garantisce a tutti di rimanere flessibili.
Ci sono partite aperte nei consorzi all’acquisto, nell’acquisto di energia per imprese energivore.
Le associazioni fanno lobby e rappresentano l’universo delle imprese associate, possono quindi essere un utile interfaccia.
Cosa ci si aspetta dalla Politica locale e dai rappresentanti istituzionali per essere partecipe e risolutiva ai bisogni delle attività? Quali sono i 3 progetti più urgenti? (specificare)
Ci aspettiamo che il Comune diventi portavoce delle nostre istanze verso il governo centrale. Il Sindaco rappresenta una città importante, spesso apripista su tanti temi. Le associazioni di categoria, Confesercenti come Confcommercio, riportano problemi che sono di tutti, uguali per tutte le imprese del settore. Noi puntiamo l’indice sulla troppa burocrazia, sulla troppa tassazione, sulla troppa pressione fiscale. Il Sindaco rappresenta il nostro territorio e attraverso i rappresentanti e i partiti politici può far valere la voce di Prato, rappresentarne le esigenze e chiedere di superare i problemi. Penso che il sindaco sia la persona giusta per impostare un dialogo con il governo italiano. Non penso che possa fare qualcosa l’Europa. Il processo di unificazione d’Europa si è rilevato troppo lungo; all’inizio speravamo che fosse una cosa diversa.
Quali sono secondo Voi gli strumenti affinché Prato diventi attrattiva per investimenti e finanziamenti privati e/o pubblici che abbiano ricadute positive per il distretto?
Abbiamo già un territorio dove sono stati fatti grandi investimenti. Pensiamo ai macrolotti e alle scelte degli immobiliaristi pratesi. Abbiamo già avuto molta attrazione di investimenti. Pensiamo alle aziende della moda e non ultime alle aziende cinesi che hanno scelto di venire a Prato da lontano. Siamo quindi più visibili di quanto immaginiamo.