Dazi: Confesercenti, accordo Ue-Usa non elimina scenario di incertezza. Molti aspetti ancora da chiarire

Bene Ministro Tajani su richiesta intervento Bce per favorire migliori condizioni credito imprese. Secondo nostre stime, con svalutazione dollaro -300mila arrivi e -600 milioni di spesa turistica USA

L’accordo commerciale concluso tra UE ed USA avrebbe dovuto portarci fuori dal clima di incertezza che ha caratterizzato l’economia globale e quella del nostro paese in questi ultimi mesi: siamo ben lungi dal poterne prevedere i reali effetti e molte cose devono ancora essere chiarite. Apprezziamo molto che, in questa direzione, a fronte di una svalutazione del dollaro al 17% che si somma ai dazi, il Ministro Tajani abbia annunciato – durante la convocazione nel pomeriggio alla Farnesina dei rappresentanti delle imprese – la necessità di un intervento della Bce per fornire migliori condizioni di credito alle imprese.

Così Confesercenti in una nota.

L’intesa siglata rappresenta sicuramente un miglioramento rispetto allo spettro agitato dall’amministrazione americana di tariffe al 30% ma come tutti gli osservatori hanno evidenziato, è un netto peggioramento rispetto alla situazione preesistente, con dazi con aliquota media del 4,8%: si tratta di dazi triplicati.

A questo si deve sommare la svalutazione del dollaro, che rende le merci USA più competitive e peggiora invece la situazione del mercato turistico italiano: secondo nostre stime potrebbe avere un impatto forte, con circa 300mila arrivi USA in meno in Italia ed un calo di 600 milioni della spesa turistica americana. Nel corso del secondo semestre potrebbe, dunque, determinarsi un rallentamento che porterebbe la crescita del Pil a 0,5-0,6%, per rallentare ulteriormente nel 2026 allo 0,4%. Anche con l’accordo, il nostro export potrebbe subire una contrazione di circa 10 miliardi, con un effetto a cascata anche sul mercato del lavoro e sui consumi interni e una minore spesa delle famiglie di circa 2,8 miliardi di euro di consumi, 9,7 miliardi in meno di PIL.

Infine, c’è il capitolo web tax: in attesa di ulteriori chiarimenti, sembrerebbe definitivamente naufragata l’ipotesi di una seppur minima tassazione dei “giganti del web” volta a riequilibrare seppur parzialmente le condizioni operative dei negozi fisici rispetto ai colossi di internet. In questa direzione, ricordiamo che una Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio europeo già nel 2018 evidenziava una disparità sconcertante: le imprese digitali erano soggette a un’aliquota fiscale effettiva media del 9,5% a fronte del 23,2% applicato ai modelli d’impresa tradizionali.

Uno scenario ancora in chiaro scuro, ma che a carte scoperte auspichiamo possa prefigurare un accordo nel complesso bilanciato per la nostra economia. Saranno presumibilmente necessarie politiche di sostegno alle imprese per scongiurare una fase recessiva e dare stabilità e prospettive agli investimenti.

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