FIEPET – Legna da ardere

fiepet1Uso della legna da ardere per la cottura dei cibi nei pubblici esercizi

Si evidenzia che sul territorio Italiano si sono recentemente verificati e continuano a registrarsi controlli da parte degli Organi di vigilanza circa le caratteristiche della legna da ardere utilizzata per i forni a legna delle pizzerie e per i “foconi” delle griglie di cottura in uso presso esercizi pubblici.

Tali controlli, in particolare, vertono soprattutto sul rispetto della normativa sull’igiene degli alimenti, ma possono concernere anche la disciplina dei rifiuti, ed in particolare dei sottoprodotti e dei combustibili,

Prima di affrontare lo specifico problema, è bene ricordare intanto che negli ultimi anni si è spesso dibattuto dei problemi inerenti eventuali divieti di uso dei forni a legna, riferiti per lo più alla legislazione comunitaria, problemi comunque sconfessati dal Ministero della Salute, che, con un comunicato diramato sul proprio sito, ha avuto modo di tranquillizzare la categoria, affermando che: «non sussistono divieti per l’esercizio di forni a legna, ma solo norme che regolamentano le emissioni in atmosfera. Per i forni a legna il rispetto di tali limiti non richiede l’installazione di sistemi di abbattimento, ma solo l’applicazione di buone pratiche di gestione».

Comunque Il capitolo IX dell’allegato II (Requisiti applicabili ai prodotti alimentari) stabilisce che “un’impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti (…) o qualsiasi materiale utilizzato nella trasformazione dei prodotti, se risultano contaminati, o si può ragionevolmente presumere che siano contaminati, da parassiti, microrganismi patogeni o tossici, sostanze decomposte o estranee in misura tale che, anche dopo che l’impresa alimentare ha eseguito in maniera igienica le normali operazioni di cernita e/o le procedure preliminari o di trattamento, il prodotto finale risulti inadatto al consumo umano.

L’operatore del settore alimentare che omette di predisporre procedure di autocontrollo basate sui principi del sistema HACCP, comprese le procedure di verifica da predisporre ai sensi del regolamento (CE) n. 2073/2005 e quelle in materia di informazioni sulla catena alimentare, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000.

C’è dunque il rischio che, nel corso di un controllo, all’OSA/ titolare di un esercizio pubblico venga contestata, se ha utilizzato legna da ardere per i forni di cui non garantisca l’idoneità alla cottura dei cibi (a maggior ragione se non possa garantirne la provenienza), la violazione delle disposizioni di cui al Regolamento CE n. 852 per mancato rispetto dei requisiti generali dei materiali utilizzati nella trasformazione dei prodotti, per la mancata identificazione dei pericoli da prevenire, eliminare o ridurre e per la carente relativa documentazione, con la conseguenziale applicazione di sanzioni.

Trattasi, è vero, di addebiti non specifici, visto che le norme sanitarie richiamate non prevedono le precise caratteristiche della legna da ardere né l’obbligo di precisarne la provenienza, ma è anche vero che non poter comprovare tali elementi non garantisce dal punto di vista delle conseguenze del contatto tra il materiale e gli alimenti e dunque espone l’impresa a rischi. Per tale motivo è bene che il titolare del pubblico esercizio si provveda di dichiarazione del fornitore inerente la provenienza della legna e la sua idoneità alla cottura di alimenti.

In definitiva, nei forni a legna dei pubblici esercizi possono essere utilizzati anche i residui di potatura, oltre ad altri residui di materiali legnosi (quali segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine) esclusi dal campo di attenzione dei rifiuti e che potenzialmente ricadono fra i sottoprodotti utilizzabili per tipologia e provenienza come combustibili. Resta fermo che, anche in questo caso, sarà bene provvedersi di dichiarazione del fornitore che certifichi la provenienza e l’idoneità di tali residui per la cottura di cibi, i quali devono rispondere alle caratteristiche previste dal Codice dell’ambiente (ad esempio la sottoposizione a lavaggio o essicazione, atti ad eliminare eventuali agenti chimici relativi ai trattamenti effettuati sulle piante).

Per avere certezza circa un impiego della legna da ardere che non esponga a rischi di contestazioni è utile ricordare che in materia di sicurezza alimentare in ambito europeo si fa sempre riferimento al “pacchetto igiene” (Regolamenti nn. 178/2002 e 852, 853, 854, 882/2004), che detta le linee guida generali, poi recepite a livello nazionale e regionale mediante adozione delle buone prassi igienico sanitarie.

La contaminazione dovuta all’utilizzo di legna non conforme passa direttamente, per contatto e quindi per affumicazione, dai fumi insalubri e potenzialmente cancerogeni prodotti in fase di combustione all’alimento cotto: è necessario quindi che la legna utilizzata in ambito alimentare sia conforme alle norme sanitarie.

La legna deve essere sostanzialmente in ottimo stato, con certificazione dei fornitori circa la provenienza e l’idoneità per l’impiego in ambito alimentare, tesa ad escludere che sia verniciata, trattata o contaminata in alcun modo.

Solo tale certificazione mette il titolare del pubblico esercizio al riparo da contestazioni circa il rispetto della normativa sanitaria, o comunque sposta la responsabilità, dal punto di vista civilistico o eventualmente penale, sul fornitore.

La mancanza di certificazione, infatti, comporterebbe per il titolare del pubblico esercizio l’esigenza di provare direttamente che la legna sia idonea, che non si tratti di un rifiuto o che addirittura non sia contaminata.

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